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Elaborazione del lutto: come superare una perdita e cosa leggere

Abbiamo scelto alcuni versi della poesia di Wystan H. Auden Funeral Blues per introdurre un tema delicato come l’elaborazione del lutto.

 

“Non servon più le stelle: spegnetele anche tutte;
imballate la luna, smontate pure il sole;
svuotatemi l’oceano e sradicate il bosco;
perché ormai più nulla può giovare.”

 

Parole che esprimono in maniera profonda e disperata il dolore insostenibile per la perdita di una persona amata.

Nulla sembra più avere senso o bellezza senza la presenza di chi è scomparso.

Immagini vivide, capaci di raccontare il lutto come la volontà di bloccare tutto il resto, perché il dolore è talmente potente da non lasciare spazio a nient’altro.

Sigmund Freud, nel suo saggio Lutto e Melanconia del 1917 descrive il lutto non soltanto come una reazione alla morte, ma come reazione alla perdita.

L’elaborazione del lutto è il processo complesso e profondo attraverso cui il dolore viene trasformato in un’esperienza integrata nella propria vita.

Ogni individuo elabora il lutto in modo unico, ma esistono delle fasi comuni attraverso cui ogni persona può passare per superare la sofferenza.

La perdita di una persona cara, che sia un familiare, un amico o una figura di riferimento, implica un cambiamento radicale, e il processo di adattamento a questa nuova realtà è fondamentale per ritrovare la serenità.

 

Le fasi dell’elaborazione del lutto

John Bowlby negli anni 80 formulò la teoria dell’attaccamento riconducendo il lutto a un processo legato alla perdita di una figura di attaccamento significativa.

Secondo Bowlby, il lutto si sviluppa in quattro fasi principali, che rappresentano diversi stadi emotivi e cognitivi di adattamento alla perdita.

Vediamo ciascuna di queste fasi:

 

1. Fase dello stordimento

La fase iniziale dello stordimento è caratterizzata da shock, incredulità e intorpidimento emotivo.

Di fronte alla notizia della perdita, spesso il dolore è così travolgente che la mente sembra incapace di comprenderne appieno la portata.

In questa fase, le persone colpite da lutto possono sentirsi distaccate dalla realtà e reagire con una sorta di automatismo alle richieste quotidiane, come se si trovassero in uno stato di paralisi emotiva. Questo stordimento serve come una forma di protezione temporanea che permette alla mente di elaborare, a poco a poco, l’entità della perdita.

 

2. Fase dello struggimento

Nella fase dello struggimento si sperimenta un desiderio profondo e doloroso di ritrovare la persona amata.

Questo stadio è spesso caratterizzato da una ricerca emotiva o persino fisica della figura perduta, che si esprime attraverso pensieri ricorrenti, sogni o illusioni di poter ancora incontrare o rivedere la persona defunta.

Questa fase riflette il bisogno psicologico di ristabilire il legame affettivo e di colmare il vuoto lasciato dalla perdita. Il dolore è particolarmente acuto, poiché la realtà dell’assenza comincia a farsi sentire con forza, accompagnata da sentimenti di nostalgia profonda.

 

3. Fase della disperazione e della disorganizzazione

Questa è la fase in cui emerge una profonda consapevolezza dell’irrimediabilità della perdita, portando con sé un senso di disperazione e smarrimento.

Le persone in lutto possono sentirsi disorientate, senza uno scopo e incapaci di adattarsi alla nuova realtà.

I sentimenti di rabbia, tristezza e confusione sono intensi, e spesso vi è un senso di disorganizzazione interiore, in cui la persona avverte che la propria vita è stata stravolta.

È comune che, in questa fase, ci sia una difficoltà a compiere le attività quotidiane e a trovare piacere nelle cose che un tempo erano importanti, poiché tutto sembra privo di significato.

 

4. Fase della riorganizzazione

Nella fase della riorganizzazione, il dolore si attenua gradualmente, permettendo alla persona di iniziare a ricostruire la propria vita senza la figura perduta.

Non si tratta di dimenticare o eliminare il ricordo della persona amata, ma di integrare la perdita in una nuova dimensione della propria esistenza.

La persona in lutto riesce a trovare un nuovo equilibrio, ad accettare la realtà della mancanza e a sviluppare nuovi interessi o relazioni.

In questo stadio, i ricordi della persona defunta vengono vissuti con maggiore serenità, e si è in grado di guardare avanti, mantenendo vivo il legame affettivo, ma in una forma più pacata e meno dolorosa.

Le quattro fasi, secondo Bowlby, non rappresentano un percorso rigido, né avvengono necessariamente in modo lineare o in un tempo prestabilito.

 

Dopo un lutto si cambia?

Le quattro fasi di elaborazione del lutto non devono farci pensare che ogni persona affronti la sofferenza in modo unico, ma ognuno ha tempi e modi diversi.

Spesso ci si chiede se il lutto porterà in noi un cambiamento, questa domanda invece ha una risposta univoca.

Sì, dopo un lutto si cambia. Il lutto non solo ci cambia, ma ci trasforma, cambia le nostre routine, cambia il nostro corpo, le nostre aspettative, i nostri sogni, il nostro modo di pensare.

La lenta accettazione della perdita e la graduale trasformazione del dolore trovano in alcuni una nuova forza, quasi una forma di resilienza, in altri, invece, la perdita può sfociare in complicazioni come il disturbo da stress post-traumatico o la depressione maggiore.

 

Lutto non elaborato: i sintomi

Sono molteplici le ragioni che possono portare a non elaborare un lutto. Affrontare la perdita di una persona cara è una sfida complicata che ha tempi e modi diversi.

Può accadere che si faccia fatica a transitare da una fase di lutto acuto a una di lutto integrato.

In questi casi, la persona rimane intrappolata in uno stato di sofferenza che non accenna a diminuire con il passare del tempo e il dolore per la perdita interferisce in modo significativo con la capacità di vivere la quotidianità.

Il dolore non elaborato può manifestarsi anche con sintomi fisici e psicologici, tra cui depressione, ansia, e persino disturbi più gravi.

 

Tutta la vita che resta: tra le pagine di un libro amatissimo, il dramma della perdita di un figlio

Il lutto è un argomento delicato che va trattato con altrettanta delicatezza.

Per questo la scelta di un romanzo che tratti la tematica con sensibilità non è stata facile.

La nostra scelta è ricaduta su Tutta la vita che resta di Roberta Recchia, un romanzo in cui la perdita di una figlia si snoda come un filo sottile e straziante che attraversa gran parte del romanzo, esplorando le profondità del dolore.

La protagonista Marisa si confronta con l’assenza irreparabile dell’amata figlia, che muta ogni suo gesto quotidiano, ogni suo pensiero e legame.

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La protagonista Marisa si confronta con l’assenza irreparabile dell’amata figlia, che muta ogni suo gesto quotidiano, ogni suo pensiero e legame.

Recchia dipinge il lutto come un processo viscerale e silenzioso, in cui il senso di perdita non si limita a essere un momento, ma diventa parte integrante della vita stessa.

La scrittura, ricca di introspezione e delicatezza, accompagna il lettore attraverso il percorso intimo di una madre che cerca di dare un senso all’insensato, di scoprire se esiste una “vita che resta” oltre il dolore.

Il libro ci porta a riflettere sulla capacità umana di sopravvivere all’impensabile e sulla necessità di trovare una luce anche nelle pieghe più oscure dell’esistenza.

Non ci sono soluzioni né percorsi universali per affrontare un dramma di tale portata.

In Tutta la vita che resta, Roberta Recchia offre un’immersione intima e autentica in un’esperienza che, per quanto inenarrabile, trova voce attraverso la scrittura.

La lettura di questo libro può offrire uno spazio di riflessione profonda sulla natura del dolore, sul significato della perdita e sulla resilienza umana, stimolando una comprensione sulla complessità del lutto e delle sue implicazioni personali, relazionali e sociali.