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Sogni: quando credere nel futuro è sopravvivenza e quando sana speranza?

Spesso ci si sofferma sul significato dei sogni, su ciò che l’inconscio tenta di comunicare nel silenzio della notte.

“Siamo fatti della stessa sostanza dei sogni”, diceva William Shakespeare.

E siamo certi che non si riferisse solo all’universo onirico.

L’essenza dell’essere umano risiede nei suoi sogni, perché è nell’immaginazione che trova la sua anima.

Senza di essa, la vita si ridurrebbe a un mero scorrere di eventi, privo di colore, un susseguirsi di istanti senza profondità né speranza.

I sogni a occhi aperti rivelano identità, svelano desideri inespressi e verità sopite, tracciando il cammino verso un futuro migliore, dove il desiderio è luce e il domani prende forma.

Nelle esistenze più difficili, sono proprio i sogni a mantenere viva la speranza che, oltre il presente, esista ancora qualcosa da costruire.

Quando tutto sembra crollare, è la forza dei sogni a sollevare la realtà, e finché esiste la fiducia in essi, il cammino prosegue più lieve.

 

Credere nel futuro: idealizzazione tra speranza e illusione

L’idealizzazione può essere un rifugio dalla realtà più buia.

Idealizzare qualcosa o qualcuno permette di immaginare un domani più equo, più bello, più grande di ciò che è.

Eppure, l’idealizzazione può rivelarsi un grande inganno, allontanare dalla verità, trasformare in un miraggio una vita intera.

Salvifica e ingannevole al tempo stesso, l’idealizzazione è il ponte tra ciò che si desidera e ciò che esiste, un equilibrio fragile tra speranza e illusione.

Ed è in questo sottile equilibrio che si dispiega la vita di Caterina, protagonista del primo romanzo di Mara Carollo, Promettimi che non moriremo. Un’opera straordinaria, capace di conquistare con l’intensità della sua storia e una scrittura che richiama la grande tradizione dei classici del ’900.

Caterina, detta Nina, è nata tra le montagne venete ed è figlia della civiltà contadina di inizio Novecento.

La sua esistenza sarà segnata dalle difficoltà di uno dei periodi più travagliati della storia italiana.

Dalla fine della Prima Guerra Mondiale alla Seconda, fino agli ultimi anni del secolo, il suo percorso di vita si intreccia con le profonde trasformazioni del Paese, tra sacrifici, dolori e sogni che diventano àncora di salvezza e illusioni.

 

“Se abitassi in pianura, farei meno fatica» disse, quando la maestra le chiese di fare un esempio di periodo ipotetico.

La maestra le sorrise e le fece i complimenti. Gli altri bambini non riuscirono a formulare alcuna frase, erano tutti imbambolati a guardare la neve.

Caterina, in compenso, in testa sua ne aveva per tutti.

Se avessi tanti soldi avrei più libri della Gilda.
Se fossi un maschio andrei in seminario come Mario.
Se fossi buona come la Lucia andrei in Paradiso.”

 

 

In questo brano il periodo ipotetico non è solo una costruzione grammaticale, ma un ponte tra realtà e desiderio, tra ciò che è e ciò che potrebbe essere.

Attraverso di esso, i sogni prendono forma, trasformando possibilità lontane in pensieri concreti.

Per una mente vivace come quella di Nina bambina, ogni “se” è una porta aperta su un mondo diverso, dove la vita si piega alla fantasia e ogni ipotesi diventa un frammento di speranza e di aspirazione.

Crescerà Caterina, affrontando drammi storici e personali e trovando sempre la forza nella sua testa e nelle sue mani di immaginare e creare un futuro migliore.

 

“Caterina pensava ai suoi, di sogni. Pensava al suo inutile diploma elementare, nascosto in un cassetto. Pensava al suo appartamento a Novara, in cui avrebbe voluto vivere per sempre con una federa appesa alla finestra. Pensava a Mario. E pensava a quanto odiava la terra.

Nessuno dei suoi sogni aveva retto il confronto con la realtà. Sorrise.”

 

Forse, i sogni non sono destinati a realizzarsi esattamente come vengono immaginati, ma è proprio attraverso la loro imperfezione che si è spinti ad andare avanti, a guardare il proprio cammino ed essere fieri della strada percorsa.

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