Ri – STORIA, ARTE E SCIENZA

Civiltà contadina: un affresco di una cultura che rappresenta le radici del nostro Paese

La civiltà contadina rappresenta un patrimonio culturale fondamentale, caratterizzato da tradizioni, saperi e pratiche che hanno plasmato l’identità del nostro Paese.

Canti popolari, proverbi, modi di dire, cantilene, favole, racconti orali e tracce di un vissuto che ci ricordano quanto le nostre radici culturali affondino profondamente nella terra da cui proveniamo.

Fino alla metà del XX secolo, l’Italia era prevalentemente rurale, con la maggior parte della popolazione impegnata in attività agricole.

La struttura sociale era caratterizzata da comunità agricole autosufficienti, dove la vita era dettata dalle stagioni e dal lavoro nei campi e la gente traeva da vivere proprio da quella terra.

 

Vita contadina: quando le esistenze erano scandite dai cicli naturali

La vita contadina seguiva il ritmo della natura, iniziava all’alba, con il canto del gallo, e terminava al tramonto.

Non esistevano giorni di riposo, i momenti conviviali erano costituiti dalla messa domenicale, da un bicchiere di vino all’osteria per gli uomini mentre le donne, dopo una lunga giornata nei campi o nelle stalle, si riunivano per filare la lana e il lino.

In quell’atmosfera fatta di chiacchiere, racconti e luce tremolante delle lampade a olio o del camino acceso, le mani esperte lavoravano con gesti antichi e sapienti, trasformando la lana grezza in filo da tessere.

Il filare non era solo un’attività necessaria, ma anche un momento di socialità e condivisione.

Si raccontavano storie, si tramandavano leggende e si commentavano gli avvenimenti del paese.

Le ragazze più giovani ascoltavano con attenzione, imparando il mestiere e assimilando la saggezza delle donne più anziane.

 

Il lavoro era duro e faticoso, privo dell’aiuto delle moderne macchine agricole.

 

Tutto dipendeva dalla di donne e uomini e dal prezioso aiuto degli animali, indispensabili per i lavori nei campi.

La fatica lasciava segni profondi nei volti dei contadini, segnati dal sole e da quotidianità pesanti, che sembravano invecchiare prima del tempo.

Solo in inverno il ritmo rallentava. I campi riposavano sotto una spessa coltre di neve, che un tempo cadeva abbondante e durava per tutta la stagione, lasciando ai contadini il compito di accudire il bestiame nelle stalle.

Anche i bambini davano il loro contributo, imparando dai più grandi e aiutando come potevano.

Trascorse l'estate facendo ciò che andava fatto: aiutava i genitori, badava ai fratellini, sgranava i fagioli e imparava a fare la treccia. Ma nella sua mente non c’erano più domande né incertezze, nessun pensiero condizionato da ‘se’ o ‘forse’. Le parole che già conosceva, per la prima volta, le sembravano persino troppe per esprimere le poche cose a cui pensava.

Il brano è tratto da un romanzo che racconta con grande potenza espressiva la civiltà contadina: Promettimi che non moriremo, opera prima di Mara Carollo.

Il libro narra la storia di Caterina, cresciuta in una Contrada tra le montagne venete e figlia della civiltà contadina di inizio Novecento.

Un racconto che si snoda lungo la storia d’Italia tra la fine della Prima Guerra Mondiale e gli ultimi anni del secolo scorso.

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Un romanzo dalla narrazione intensa che è sia una cronistoria della cultura contadina italiana e dei cambiamenti sociali ed economici del nostro Paese, sia un libro corale di un territorio e una famiglia, sia la narrazione del percorso personale di Nina, donna volitiva, acuta e propria di una personalità e una sensibilità d’avanguardia.

In queste pagine, la vita contadina non è solo uno sfondo, ma una scenografia vivida e autentica che accompagna eventi profondi e toccanti, destinati a rimanere impressi nel cuore del lettore.

Nel romanzo la vita rurale, pur restando legata a tradizioni millenarie, comincia a confrontarsi con le difficoltà politiche, economiche e sociali del Novecento.

 

La civiltà contadina nel contesto storico e sociale del romanzo

Nel periodo tra le due guerre, il Veneto era ancora fortemente caratterizzato da una struttura agricola.

Gran parte della popolazione viveva in zone rurali, dove il lavoro nei campi era centrale per la sopravvivenza.

Le terre venete erano dominate da piccoli e medi proprietari terrieri, ma c’erano anche molti affittuari e mezzadri che vivevano in condizioni di grande precarietà economica.

La mezzadria era un sistema economico molto diffuso, in cui i contadini lavoravano la terra per conto di un proprietario, cedendo una parte della produzione come pagamento.

Questo modello di agricoltura non permetteva una crescita economica significativa per i lavoratori, che spesso vivevano in condizioni di sussistenza.

Inoltre, molte terre erano mal coltivate o incolte, a causa di pratiche agricole poco moderne.

La Prima Guerra Mondiale ha avuto un impatto drammatico anche sulla vita rurale del Veneto.

Molti giovani contadini vennero arruolati e intere famiglie dovettero far fronte a una forte diminuzione della forza lavoro.

La guerra, oltre a causare gravi perdite umane, danneggiò gravemente l’economia agricola: la scarsità di risorse, l’aumento dei prezzi e la carenza di materie prime segnarono una fase di grande difficoltà.

 

Il Fascismo e la riforma agraria

Con l’avvento del fascismo nel 1922, il Veneto, come gran parte d’Italia, subì una serie di cambiamenti.

Il regime fascista cercò di risolvere la questione agraria con la creazione di consorzi di bonifica, per migliorare l’irrigazione delle terre e renderle più produttive.

Nonostante queste misure, la riforma agraria promessa dal regime non riuscì ad affrontare davvero le disuguaglianze di proprietà terriera e le difficoltà della classe contadina.

Il fascismo cercò di promuovere una sorta di “nuovo ordine agricolo”, in cui i contadini venivano incoraggiati a diventare più produttivi e a rimanere fedeli al regime.

Al tempo stesso, il fascismo cercò di creare una struttura di controllo sociale attraverso le corporazioni agricole, che influenzavano e monitoravano le vite quotidiane dei lavoratori.

 

La Seconda Guerra Mondiale e l’evoluzione del mondo rurale

Con l’arrivo della Seconda Guerra Mondiale (1939-1945), il Veneto e il resto dell’Italia entrarono nuovamente in un periodo di devastazione.

Le terre venete furono coinvolte nei bombardamenti, e la vita agricola fu ulteriormente compromessa.

Molti giovani contadini furono chiamati a combattere e l’economia rurale soffrì nuovamente per la scarsità di risorse, cibo e manodopera.

Le difficoltà agricole furono amplificate dalla lotta partigiana, che interessò anche le zone rurali del Veneto.

Le campagne diventarono teatro di scontri tra le forze fasciste, l’occupazione tedesca e i gruppi di resistenza.

Questo contesto rese ancora più difficile la vita dei contadini, che si trovarono a dover affrontare non solo le difficoltà della guerra, ma anche le conseguenze dell’occupazione tedesca e le repressioni da parte del regime fascista.

Questa organizzazione sociale ha iniziato a trasformarsi profondamente negli anni ’60, con l’avvento della meccanizzazione agricola e l’industrializzazione, che hanno portato a un progressivo spopolamento delle campagne e a una modifica sostanziale del territorio e delle tradizioni rurali.

 

Nel romanzo di Mara Carollo, la vita contadina è il leit motiv di un’esistenza e di una società in continua evoluzione, che si scontra con i cambiamenti imposti dalla storia.

Attraverso le vicende di Caterina, il lettore assiste alla lenta trasformazione del mondo rurale.

 

La narrazione mostra come nella civiltà contadina del dopoguerra il desiderio crescente di donare un futuro diverso alle nuove generazioni abbia spinto in tanti a lasciare le campagne.

Eppure, il legame profondo con la terra, il senso di appartenenza a una comunità rurale, la mentalità del sacrificio e persino l’abilità di cogliere i mutamenti del tempo, lasciano tracce indelebili, pronte a riaffiorare in un semplice sguardo.

A Caterina fece piacere che ricordasse ancora da che parte veniva il maltempo. Per un attimo, tra le rughe, riconobbe nei suoi occhi il celeste che ricordava.